
Fedagripesca-Confcooperative ha stimato che se la flotta da pesca italiana, ad ogni uscita in mare, potesse portare a terra tutto quello che rimane impigliato nelle reti oltre al pesce, in 10 anni sarebbe in grafo di liberare il mare da circa 30.000 tonnellate di rifiuti.
L’idea è quella di creare una filiera del rifiuto in grado di mettere a regime un’attività quotidiana, al momento su base volontaria e a totale carico dei pescatori. Sarebbe necessario, quindi, creare in ogni porto le infrastrutture utili per il conferimento e prevedere degli incentivi volti a premiare il contribuito ambientale fornito dagli operatori.
In quest’ottica potrebbe rappresentare un valido aiuto la proposta di legge “Salvamare”, approvata dalla Camera allo scopo di individuare disposizioni per il recupero dei rifiuti in mare e nelle acque interne, per la promozione dell’economia circolare.
Tra i progetti che la cooperazione sta già sperimentando, c’è l’utilizzo delle reti biodegradabili per l’allevamento di molluschi, come cozze e ostriche piatte, e quello di creare borse e accessori recuperando gli attrezzi da pesca ‘fantasma’ abbandonati sui fondali che continuano a catturare specie ittiche.
Questa iniziativa è finanziata dal programma europeo Life per proteggere e migliorare la conservazione degli habitat di Posidonia oceanica e Coralligeno nel Golfo dell’Asinara e della costa Nord Occidentale della Sardegna, ed è coordinata da Ispra in partenariato con MMC (Consorzio Regionale Servizi) e le cooperative EcoGreen e Desacré. E sempre in Sardegna, la Cooperativa Pescatori di Tortolì sta sperimentando, con la supervisione dell’Agris, nasse eco-compatibili anti-pesca fantasma grazie ad un dispositivo in grado di liberare quello che è stato catturato accidentalmente.