L’Unione Europea ha ricorrentemente stimolato a livello legislativo l’adozione di politiche sostenibili per l’ambiente. Due normative su tutte: il Green Deal Europeo del 2019 che stabilisce il raggiungimento entro il 2050 (con obiettivi intermedi per il 2030) di un bilancio netto di emissioni climalteranti pari a zero; il regolamento 2021/1119, la cosiddetta legge europea sul clima, integrata con il pacchetto Fit for 55, che rende la neutralità climatica un obbligo giuridicamente vincolante.
In questo senso, le comunità energetiche, realtà affermatesi con successo in molti Paesi del Centro (Germania e Paesi Bassi) e del Nord (Danimarca) Europa, svolgono un ruolo primario come vettore del cambiamento. Inquadrabili come un’associazione tra i cittadini e i vari livelli del governo locale, queste configurazioni collaborano per produrre, consumare e gestire in loco energia rinnovabile. La filosofia di fondo è quella della decentralizzazione della produzione energetica, con il passaggio dai grandi impianti centralizzati ad una pluralità di piccoli produttori capillarmente diffusi sul territorio. Il principio della produzione e dell’autoconsumo dell’energia derivante da impianti a energia rinnovabile trova nella partecipazione attiva e consapevole dei cittadini il suo fulcro. Un cittadino-utente divenuto prosumer, non limitandosi al solo consumo ma anche parte integrante del processo produttivo di energia. Inoltre, l’approccio bottom-up rende possibile la condivisione di un bene fondamentale ad un prezzo concorrenziale. In Italia, secondo la relazione trimestrale stilata dal GSE, alla fine del 2022 sono state registrate 46 configurazioni di autoconsumo collettivo e 21 comunità energetiche rinnovabili, per una potenza di 1,4 MW. Diversi i modelli virtuosi. Legambiente ha censito cento storie di autoproduzione e scambio di energia dal territorio, che coinvolgono aziende, famiglie, amministrazioni, condomini e terzo settore. Storie bottom-up che raccontano investimenti in un sistema energetico innovativo, in grado di guardare al futuro e avvicinare la produzione alla domanda di energia e alle necessità sociali, ambientali ed economiche dei territori. Tra le migliori esperienze di condivisione dell’energia due unicum assoluti: da un lato la comunità energetica di Ventotene, la prima comunità energetica in un’isola del Mediterraneo; dall’altro la Green Energy Community, la più grande comunità energetica d’Italia. I numeri sono ancora modesti rispetto agli obiettivi prefissati, tuttavia, ci si aspetta una crescita significativa con il nuovo “decreto CACER”.
A livello normativo l’Italia agisce in sinergia con le raccomandazioni europee. In particolare, la direttiva europea numero 2001 del 2018, nota anche come RED II, costituisce una parte del pacchetto di interventi legislativi denominato Winter package o Clean energy package. La direttiva ha fissato al 2030 una quota obiettivo dell’intera Unione Europea di consumo lordo di energia da FER (Fonti Energetiche Rinnovabili) pari al 32% e imposto a ciascuno Stato membro di produrre target nazionali coerenti. Il richiamo alle energy community è evidente, costituendo quest’ultime uno stimolo alla produzione di energia rinnovabile e un’opportunità di risparmio per i consumatori che decidono di parteciparvi. Ai cittadini viene quindi riconosciuto formalmente un diritto affinché possano costituire e aderire a una comunità energetica. Il contesto normativo italiano, contestualmente all’adozione del PNIEC (Piano nazionale per l’energia e il clima), disciplina le comunità energetiche nel Decreto Milleproroghe, nei relativi provvedimenti attuativi (la delibera 318/2020/R/eel dell’ARERA e il DM 16 settembre 2020 del MiSE) e nel D.Lgs. 199/2021, che implementa la Direttiva Europea RED II sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili. In particolare, l’articolo 18 del Milleproroghe consente la formazione, sulla base di precise condizioni, di progetti di autoconsumo collettivo di energia proveniente da fonti rinnovabili. Il recente “decreto CACER” (Comunità Energetiche Rinnovabili), firmato dal Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin, dopo esser stato registrato dalla Corte dei conti e aver ottenuto l’approvazione da parte della Commissione europea è entrato in vigore lo scorso 24 gennaio. Due i punti fondamentali del testo: da un lato una tariffa che incentiva l’energia rinnovabile prodotta e condivisa dai membri della Comunità; dall’altro un contributo a fondo perduto, finanziato dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), fino al 40% dei costi ammissibili per le comunità i cui impianti sono localizzati in comuni con una popolazione inferiore cinquemila abitanti.
In questo scenario rilevante e virtuoso come quello delle Comunità Energetiche Rinnovabili (CER), e considerando le linee guida pubblicate il 23 febbraio 2024 dal GSE, permane l’attesa apertura del portale per la richiesta degli incentivi, fissata per l’8 aprile; in particolare, saranno lanciati online due portali per la qualificazione delle CER e per la presentazione delle domande di finanziamento e di tariffe agevolate, completando così il percorso normativo. È altresì essenziale completare la pubblicazione di FAQ e chiarimenti riguardo alla documentazione necessaria e ai modelli ammessi per evitare ritardi e possibili intoppi che potrebbero ostacolare la realizzazione degli impianti.
Ad oggi, non esiste infatti un pacchetto di modelli e prassi preconfezionato, pertanto è fondamentale che tutti gli attori coinvolti – istituzioni in primis, imprese e cittadini – uniscano le proprie forze per perseguire con determinazione tali ambiziosi obiettivi.
Categorie: Energia rinnovabile, News
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