La transizione energetica sarà un buon affare, per i consumatori italiani. È quanto emerge dall’evento inaugurale di KEY ENERGY, la manifestazione per le energie rinnovabili di Italian Exhibition Group, in fiera a Rimini fino all’11 novembre in contemporanea ad Ecomondo. All’incontro, intitolato “Scenari energetici dirompenti per l´Italia”, a cura del Comitato Tecnico Scientifico della manifestazione, è stato presentato uno studio di Elemens, in base al quale lo sviluppo delle rinnovabili genererà per i consumatori 24 miliardi di euro di benefici al 2030, dovuti principalmente alla riduzione del prezzo di borsa dell’energia elettrica. Attraverso il cosiddetto “disaccoppiamento” del valore dell’energia prodotta da rinnovabili e da gas, sarà poi possibile generare ulteriori benefici per il consumatore: leve del cambiamento saranno le aste per le rinnovabili, i sistemi di autoconsumo, le Energy Communities e i Power Purchase Agreement. Lo studio illustra anche che i progetti eolici e fotovoltaici oggi in sviluppo, qualora venissero tutti autorizzati, sarebbero più che sufficienti a realizzare l’incremento di capacità atteso al 2030; per raggiungere effettivamente gli obiettivi occorre però affrontare le attuali criticità, che impattano soprattutto sul tasso di successo dei procedimenti autorizzativi.
Rispetto ad oggi, alla fine del decennio, il mix di produzione elettrico risulterebbe in tal modo molto più spostato su fonti come eolico e fotovoltaico (+123 TWh rispetto all’anno 2021, a fronte di una riduzione dei volumi prodotti da impianti a gas di 65 TWh rispetto al 2021), che garantiscono costi di generazione assai inferiori a quello di produzione di energia elettrica da impianti a gas, anche ipotizzando un costo del gas naturale pari ad un terzo di quello finora registrato nel corso dell’anno 2022. L’analisi di Elemens rivela inoltre che la capacità aggregata degli impianti eolici onshore (terrestri) e offshore (in mare) e degli impianti fotovoltaici di grande taglia in corso di sviluppo è già ampiamente superiore all’incremento necessario a raggiungere la produzione addizionale delineata dallo scenario 2030, mentre il potenziale del fotovoltaico di piccola taglia è nettamente superiore alla crescita prevista dallo scenario. Questo – è stato fatto notare – è senz’altro un segnale dell’altissimo livello di investimenti realizzati nel settore – ma, dietro ai numeri, persistono alcune criticità che dovranno essere presto affrontate per raggiungere effettivamente gli obiettivi al 2030.
Da sottolineare, infine, che negli ultimi mesi i target di sviluppo delle rinnovabili sono diventati sempre più ambiziosi, anche alla luce del pacchetto Repower EU approvato dalla Commissione Europea. In Italia, il ministro Cingolani aveva rappresentato la necessità di arrivare al 72% nel 2030 per raggiungere i target di riduzione delle emissioni. Rispetto alle valutazioni precedenti, anche il nuovo scenario istituzionale “Fit for 55” al 2030 delinea una crescita ancora più netta delle rinnovabili elettriche, che raggiungerebbero il 65% del mix elettrico italiano. Non solo: anche con un costo del gas pari ad un terzo di quello attuale, la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili rimarrà estremamente più competitiva, ma per la decarbonizzazione bisogna valutare anche i costi di integrazione delle rinnovabili nel sistema, rappresentato da ingenti investimenti nelle reti e nei sistemi di accumulo.
Lo sviluppo del mercato dei sistemi di accumulo in un convegno Anie
Sono oltre 122mila i sistemi di accumulo presenti in Italia e la cui funzione è strategica per sostenere la corsa delle energie rinnovabili e della transizione energetica. I dati aggiornati alla fine di giugno sono stati diffusi da ANIE Federazione nell’ambito di un incontro che si è tenuto questo pomeriggio e dedicato ai sistemi di storage nel nostro Paese e in Europa. Dai dati presentati dall’Osservatorio della federazione risulta che la potenza complessiva è di 720 MW e la capacità massima è di 1.361 MWh.
Vanno poi aggiunti gli impianti di Terna, per complessivi 60 MW e 250 MWh. La tecnologia più diffusa è quella a base di Litio (98,5% del totale), seguita da quella a base di Piombo (1,1%); inoltre, praticamente tutti gli impianti (il 99,9% dei SdA) risultano abbinato ad un impianto fotovoltaico, di cui il 97% di taglia residenziale. La Lombardia è la regione con il maggior numero di sistemi installati (27.652 SdA per una potenza di 143 MW e una capacità di 281 MWh), seguita dal Veneto (18.317 SdA per 99 MW e 216 MWh) e dall’Emilia-Romagna (9.660 SdA per 58 MW e 100 MWh). I dati Terna registrano anche l’entrata in esercizio di un terzo sistema di accumulo abbinato ad una centrale termoelettrica, per una potenza di 10 MW ed una capacità di 10 MWh.
Comunità energetiche, l’Italia è in ritardo ma il potenziale è enorme
L’Italia è in ritardo nello sviluppo delle Comunità Energetiche Rinnovabili.
È l’allarme lanciato nel pomeriggio a KEY ENERGY nel corso dell’incontro “Comunità energetiche: obiettivi e progetti in partenza con il recepimento del Decreto Legislativo 199/2021”. A fronte di un risparmio medio nella bolletta elettrica pari a circa il 25%, stando ai dati presentati da Legambiente sarebbero solo 16 le CER che hanno ultimato l’iter di attivazione. Sulle 100 comunità energetiche mappate in questi tre anni, ad oggi sono 45 quelle in fase ancora “embrionale” e 55 quelle che si trovano in uno stadio più maturo dell’iter di realizzazione.
Quali sono i fattori che ne frenano lo sviluppo? Una concomitanza di fattori, emerge dal convegno, come le lungaggini burocratiche, la mancanza degli incentivi da parte dall’ormai ex Ministero della Transizione ecologica, il ritardo di Arera sull’emanazione delle regole attuative, i preventivi onerosi per gli allacci alla rete. Allo stesso tempo, è stato ribadito, il potenziale delle comunità energetiche rimane molto alto: secondo una recente ricerca se ne potrebbero costituire fino a mille nei prossimi tre anni su tutto il territorio nazionale.